Anticipato dai singoli “FULIGGINE”, “FRAGILI ROSE” e “ATENEI”, è uscito ieri 23 settembre per SHED626 “PROIEZIONI”, il primo album di Samuele Proto.
Il cantautore fiorentino racconta pensieri, sentimenti e stati d’animo racchiusi nel cambiamento, motore che alimenta il processo creativo dell’artista, dando forma reale e concreta alle sensazioni vissute. Il titolo “PROIEZIONI” racchiude in sé il senso del trasferimento, visto da molteplici punti di vista e rappresentato sia nell’aspetto psicologico dai testi e i racconti delle singole canzoni, che nell’aspetto geometrico e fisico della copertina.
“PROIEZIONI” nasce da un lungo lavoro di produzione, iniziato a febbraio 2020 e portato avanti per più di due anni, in cui fa da protagonista il groove soul ispirato alla musica Motown.
L’album si contraddistingue per il sound specifico, ricercato con continuità in ogni brano con l’obiettivo di creare atmosfere uniche, legate da un filo conduttore sonoro che attraversa i singoli brani. L’arrangiamento prende forma dal suono reale di numerosi strumenti quali batteria acustica, chitarre, bassi, tastiere, fiati e archi. Tutte le canzoni sono state scritte inizialmente su chitarra e nella maggior parte dei brani emerge un ampio spazio strumentale, in cui lo strumento a corde fa da protagonista con parti solistiche dalle sonorità blues e molto pulite.
Abbiamo parlato con lui del disco, di quel dannato 2020 e di futuro.
Qual è la connessione tra il tuo album, il titolo “Proiezioni” e la copertina che lo rappresenta?
La connessione è sia figurativa che metaforica. “Proiezioni” come parola ha molteplici significati, geometrici, psicologici. In generale la rappresentazione tramite l’utilizzo delle formiche permette di creare forme geometriche. Di farlo però in modo caotico, senza regole, concettualmente umano. La proiezione delle formiche riporta al concetto stesso del mio disco. Un lavoro nato da tante influenze, tante collaborazioni, tante idee che in modo quasi caotico, con la produzione, si sono fermate per un attimo creando così una forma “stampata”, l’album.
Come si capisce che un album è effettivamente pronto per uscire? In sostanza: come si capisce un disco è effettivamente finito?
Parlo per la mia esperienza, o per lo meno per ciò che riguarda questo Album. Quando scrivi, ti autoproduci, realizzi gli arrangiamenti non arriva mai un momento in cui senti che il lavoro sia realmente finito. Ancora oggi quando ascolto delle canzoni sento sempre degli elementi migliorabili col senno di poi. La fine di una produzione, secondo me, una volta realizzate e “impacchettate” le canzoni, arriva solo quando l’orecchio si “rassegna all’idea” che non c’è altro da aggiungere.
Questo disco nasce in forma embrionale nel 2020. Come hai affrontato il periodo della quarantena e quello successivo? È stato difficile non scoraggiarsi?
Il periodo della quarantena è stato difficilissimo, come per tutti. Ho perso tante occasioni lavorative ma oggettivamente c’è chi ha perso di peggio. Guardando il lato positivo, quel periodo mi ha permesso fisicamente di completare e scrivere tutte le canzoni del disco. Una volta usciti non rimaneva altro che guardare al futuro in modo speranzoso. Nel mio caso per la pubblicazione di questo progetto.
Qual è il filo conduttore sonore che attraversa i brani del tuo disco? Quali sono le influenze che ti hanno accompagnato?
Sicuramente c’è tanto di musica Oltreoceano. Le mie influenze maggiori per questo album sono legate alla musica del “periodo Motown”. Chitarre funky, groove molto potenti, fiati. A questo ho unito la lirica italiana, il mio modo di scrivere, che a sua volta prende tanto dai Battisti, Dalla. Alla base di tutto però, nella scrittura della musica, c’è la mia forte passione per il Blues. Nasco come chitarrista Blues ed è li che le mie mani mi portano.
Il cantautorato passerà mai di moda?
Sinceramente non penso. Penso che come generazione siamo molto sfortunati a vivere un periodo storico in cui la musica è così poco “tangibile”. Le uscite sono così tante e diramate che non permettono più all’orecchio di scoprire qualcosa di nuovo. Stiamo vivendo un momento in cui è più facile farsi piacere qualcosa che già conosciamo. Ma qualsiasi sia la forma e il genere, il cantautorato è innovazione per cui non smetterà di esistere.