– di Giacomo Daneluzzo –
Selmi (spesso scritto SELMI) non è uno pseudonimo, anzi, è il vero cognome di Niccolò Selmi, classe 2001. E la sincerità alla base di questa scelta risuona molto anche nelle sue canzoni, in cui si esprime senza filtri, mostrando il 100% di sé stesso in tutte le proprie sfaccettature. Non è un caso se su Instagram ha scelto come username @selmi_vero.
Il cantautore lucchese ha esordito nel 2022 con il singolo FESTA (ciao principessa), a cui nel 2023 sono seguiti Il re cambia sempre, Scarico e Di noi; sempre nel 2023 ha partecipato a X Factor, arrivando alla fase dei live nel team di Morgan. A gennaio ha pubblicato il brano con cui ha partecipato a X Factor, Doccia ghiaccia, scelto anche per lanciare il suo EP d’esordio Perderci nell’attimo, che è uscito lo scorso 15 marzo per Asian Fake e Warner Chappell Music, con distribuzione Asian Fake.
In occasione della presentazione di Perderci nell’attimo al Biko di Milano gli abbiamo fatto qualche domanda a proposito del suo nuovo EP e del suo percorso artistico. Ecco che cosa ci ha raccontato.
Come ti senti stasera?
Mi sento sicuramente felice.
Ora che ti sento parlare mi rendo conto che l’accento toscano si sente, ma nei brani invece hai una parlata molto pulita.
Nelle canzoni c’è un po’ d’attenzione, ogni tanto al limite inserisco qualche termine. Ma se so di dover parlare italiano ci riesco!
Perderci nell’attimo è uscito da un po’ e c’è stato il tempo di lasciar sedimentare un po’ tutto, di pensare a questo lavoro dopo averlo liberato. Vorrei chiederti qualche impressione a freddo.
Da prima a dopo l’uscita no, non è cambiata. Da molto prima però sì, soprattutto perché alcuni sono brani che sono in archivio da molto tempo. Tutte le mie canzoni rispecchiano determinati periodi della mia vita e andando avanti e cambiando le riosservo con occhi diversi. In quest’età in un anno o due fai in tempo a bruciare le tappe.
Invece dall’uscita a oggi lo vedo con molta soddisfazione! Non cambierei un solo brano di quelli presenti.
Ascoltandoli, in effetti, mi è sembrato che questi brani abbiano avuto una gestazione lunga, che parlino di cose che forse hanno bisogno di un po’ di tempo per poter uscire.
Sì, sono d’accordissimo.
Che rapporto hai con le parole e con il linguaggio, che rappresentano, o almeno così mi pare, un nucleo tematico a te caro?
Sì, mi è molto caro. Do tantissima importanza alle parole e probabilmente viviamo in un mondo che alle parole non dà così tanta importanza, ma considera solo i fatti. Penso di avere un rapporto particolare con le parole, cerco di dare sempre un determinato significato a ogni cosa che dico, non solo nella musica, ma anche parlando. Sono consapevole di essere in un mondo che non prende così tanto in considerazione questa cosa e che, anzi, considera prevalentemente quello che si fa, tralasciando quello che si dice o i motivi per cui si fa qualcosa. È un mondo che s’interessa alla cosa.
La stessa cosa detta da due persone differenti può voler dire esattamente l’opposto. È importante capire la parola per arrivare a capire la persona da cui proviene. Per me questo è un aspetto delle relazioni tra persone che definirei umano, in antitesi con la disumanità che, forse, caratterizza il resto.
Esattamente che cos’hai in mente, concretamente, facendo questi discorsi?
Per essere direttissimo direi che siamo abituati a vivere in un mondo in cui, per andare bene agli altri, per fare le cose nel modo “giusto”, bisogna farle in un certo modo. Fare le cose in un modo o in un altro, invece, rispecchia la personalità di un individuo, che però, invece, viene così oppresso, obbligato.
Io posso fare una cosa per un certo motivo, mentre tu puoi farla per un altro. Dall’esterno può sembrare che semplicemente facciamo la stessa cosa, se ci si ferma alla cosa in sé e non ci si pone domande al riguardo. Penso che invece dovremmo concentrarci soprattutto sul percorso che porta me e te a fare quello che facciamo, penso che dovremmo cercare, tutti, di capirci e di conoscerci.
In questo senso le parole sono importanti. Perché, da entrambe le parti, ci permettono di non fermarci alle cose, ai fatti, ma di capire anche il perché delle cose, di capirci di più.
È un discorso molto interessante, che mi risuona molto. A proposito delle cose che si fanno, hai voglia di raccontarmi com’è andata con X Factor?
È stata un’esperienza super positiva, perché l’ho presa come un’opportunità di migliorarmi in merito a quelli che sono i miei interessi. Ovviamente bisogna sempre tenere conto che si tratta di un programma televisivo, ma a me, che interessava la musica, è stata data la possibilità di crescere, di avere il mio spazio su un palco importante, con professionisti e vari lavoratori del settore. E per me è stato un regalo. Ho preso la patente guidando una Lamborghini e adesso sono tornato al mio Pandino, che va benissimo. Serate come questa al Biko sono fonte di grande soddisfazione, per me.
Anche da questo discorso su X Factor mi sembri una persona con le idee molto chiare sul proprio progetto artistico.
Bisogna sempre sapere che cosa si vuole andare a fare, specialmente in scenari come quello di X Factor. Quando lo sai puoi solo guadagnarci.
Si sta dispiegando una strada professionale più definita, con una direzione più chiara rispetto al passato. Che cosa pensi a proposito del tuo futuro?
L’unica cosa che ti posso dire è che ho intenzione di continuare a fare musica e a scrivere. Sono molto ansioso nel riflettere sul futuro: pensare a come sarà la mia vita tra un anno mi mette in difficoltà. Secondo me però questo è anche un modo per vivere serenamente. Tornando al discorso di prima, penso che siamo abituati a basarci molto sul futuro per fare le nostre scelte, a pensare poco al presente. E io ho la fortuna di fare un mestiere che mi dà la possibilità di concentrarmi sul qui e ora, su ciò che sto facendo adesso.
Non a caso il titolo dell’EP Perderci nell’attimo. È una risposta coerente anche al discorso di prima. Cambiando argomento, nel comunicato stampa parli di come la musica sia arrivata come reazione in un momento di difficoltà: vorrei chiederti come una situazione negativa può essere rielaborata in qualcosa di positivo e creativo.
La musica per me è sempre stata un diario, un luogo in cui raccontarmi. Scrivere è una catarsi: mi capita di svegliarmi con un sentimento travolgente, che sento il bisogno di liberare. E ho imparato che scrivere mi aiuta moltissimo e che mi permette di rivedere meglio quello che sto vivendo, anche in un momento complesso. Prima era una situazione sicuramente più complicata, ora molto meno.
Adesso stai bene?
Stare “bene” forse non si può mai dire, però mi sento felice.
Questo è tantissimo. Penso che trovarsi in una situazione in cui puoi dire a te stesso: «Sono felice» – magari non da felicità hollywoodiana, eh – sia molto importante.
Sì, una felicità con la F minuscola. Serenamente. La musica mi serve a questo, a crescere, a conoscermi. Riascoltando demo di brani che non usciranno mai mi capita di pensare: «Cazzo, un anno fa, due anni fa, tre anni fa ho scritto queste cose». E le rivedo con occhi diversi, le rivedo con molta più coscienza.
Che cosa pensi di quella persona che le ha scritte?
Penso che debba ancora scoprirle, forse, o capirle. Mi succede di scrivere e, a posteriori, pensare che quella cosa la sto vivendo adesso, in un momento successivo, ma che forse solo adesso ne sono cosciente. La musica per me ha quel ruolo, che per questo definisco catartico.
È interessante che in una persona della tua età, poco più che ventenne, emerga questo confronto con il passato molto forte. Percepisco una certa consapevolezza nella tua scrittura, anche in merito alle cose che hai vissuto.
Ci tengo a dirlo, visto che l’hai tirato fuori tu. L’EP riguarda un periodo che sento di aver lasciato alle spalle, altrimenti non potrei esserne consapevole, così come forse non lo sono di quello che sto vivendo adesso. Quello che hai detto mi sembra molto calzante.
Ascoltando Perderci nell’attimo ho avuto l’impressione di trovarmi di fronte a qualcosa di particolare, che non assomiglia molto a nient’altro. Mi sembra che il tuo modo di scrivere e fare musica sia molto riconoscibile e vorrei farti una domanda su questa tua cifra. In che cosa si declina, per te?
Boh! Sono io. E il bello del gioco è questo, laddove per “gioco” parlo della vita, non della musica: tutti siamo fatti in un certo modo e le cose che ci accadono ci influenzano e ci modellano in un modo piuttosto che un altro. Probabilmente non basterebbe una serata per esaurire quest’argomento.
Sono una persona molto introversa, però quando si tratta di essere me stesso non riesco a inserire filtri. Da questo concetto, peraltro, nasce Doccia ghiaccia.