Luca De Santis, in arte Suvari, torna con un brevissimo Ep di soli 3 brani in una release digitale firmata da NuFabric/Artist Firts, edito da Kobayashi Edizioni.
Si intitola “Di cosa hai paura?”, lanciato in rete dal singolo e dal video di “Altrove”. Un tema portante assai interessante: la consapevolezza di se, prendere visione che si sta diventando altro, si cresce e probabilmente ci si troverà a far di conto con una nostalgia adulta, ora che si è raggiunto un altrove e si ripensa a quel “Supertele” di quando eravamo ragazzi. La consapevolezza è anche misurabile in termini di strutture di queste forme canzoni che prendono una deriva più pop, maggiormente di quanto Suvari fece con il disco “Prove per un incendio”… e siamo di fronte ad un’amalgama più popolare, più semplice, più ricordabile… Suvari cerca di raggiungere un pubblico ampio e si gioca carte che inevitabilmente fanno parte del vissuto di ognuno di noi. E tutto questo è il risultato di un Ep che ci piace.
Di che cosa ha paura Luca De Santis? E sono paure che condivide con SUVARI o sono cose, vite e mondi che tieni separati?
Difficile tenerli separati, diciamo che Suvari aiuta Luca ad esprimere se stesso, a conoscersi e ad aprire i mondi più nascosti.
Le paura sono condivise e viaggiano su diversi livelli. Ci sono le paure umane, più naturali, quelle fatte di distanza, crescita, cambiamenti della vita, e ci sono delle paure legate al mondo esterno, a quello che ci circonda. Questo Ep prende ispirazione dai “discorsi da bar”, da quello che ho sentito per strada, e purtroppo sembra che il sentimento più ricorrente ultimamente sia la paura. Da qui il titolo “di cosa hai paura?”, come una riflessione per capire cosa merita davvero questo sentimento.
Perché un Ep di soli 3 brani? Di cosa avevi paura nel pubblicarne altri?
Avevo voglia di far uscire musica nuova per festeggiare un anno dall’uscita di “Prove per un incendio”, il mio primo disco. Ho pensato che registrare un disco necessitava di più tempo e più risorse così ho ridotto tutto ad un ep di 3 brani, anche perché ad oggi la fruizione della musica è così veloce che si esaurisce in tempi ristretti, per questo motivo mi sono preso il tempo di far uscire più musica in formati ridotti.
La paura si vince o si subisce? Qualcuno disse che bisogna farci pace e conviverci…
Condivido con l’idea di farci pace e conviverci, è un sentimento naturale, profondo, ma troppe volte questo rischia di schiacciarci e renderci immobili, sue vittime, invece dobbiamo capire che è tutto naturale e rendere certe paure una parte di noi stessi. Possono anche essere delle risorse.
E alla “fine del percorso”, della crescita, di quando ci ricordiamo gli anni del “Supertele”, la paura è stata vinta o è, secondo te, una maturazione che fa parte di noi?
In questo caso si va a toccare i sentimenti della nostalgia, la paura di guardarsi indietro e pensare che si stava meglio quando eravamo spensierati, con meno preoccupazioni. Ma anche qui, con la nostalgia dobbiamo conviverci al meglio, farla essere una compagna della crescita, non uno spauracchio che ci rende tristi e incapaci di vivere il futuro come una nuova avventura.
La tua scrittura si è fatta più immediata e pop rispetto all’esordio. Come mai? C’è una ragione precisa?
Il disco nasceva da un periodo molto difficile, passato in casa a fare i conti con gravi problemi di salute, è molto introspettivo, parlo di me e con me. L’ep invece è uno sguardo al mondo fuori, le canzoni sono nate anche più velocemente, volevo mantenerle spontanee come sono nate.
Alla fine della fiera: chi è e cosa significa SUVARI?
Suvari è una maschera che permette di scoprire meglio se stessi, e condividere questi sentimenti con chi ti ascolta o ti viene a vedere live. È sicuramente un’opportunità di rinascita e di messa in discussione delle proprie debolezze e paure.