-di Assunta Urbano-
Contaminarsi, fondersi e creare qualcosa di completamente nuovo. Gli ultimi due anni hanno separato i nostri corpi, ma le menti non hanno mai smesso di cercarsi. Lo vediamo anche nel mondo della musica, in cui moltissimi artisti hanno iniziato a collaborare con i loro colleghi, in progetti ambiziosi e creativi.
Il 14 gennaio scorso, Marquis, pseudonimo di Gioele Accongiagioco, dj e producer milanese, ha pubblicato il suo singolo d’esordio, “Per me, per te”. La canzone ha visto la collaborazione di Germanò, uno dei cantautori più introspettivi della scena attuale italiana. Alex D’Andrea è un artista che conosciamo molto bene, di cui abbiamo apprezzato gli inizi con i Jacqueries e i dischi da solista “Per cercare il ritmo” (2017) e “Piramidi” (2020).
Qualche giorno fa abbiamo chiamato Marquis e Germanò e ci siamo infiltrati nelle loro quotidianità: il primo era a Milano, il secondo in riva al mare di Palermo. È stata una chiacchierata davvero interessante, piena di spunti di riflessione sul mondo della musica. Tutto è partito dal singolo “Per me, per te”.
Prima domanda per Marquis. Ci racconti di “Per me, per te” e cosa significa dal tuo punto di vista questo ingresso nel panorama musicale?
Marquis: Sicuramente significa esporsi con coraggio. Il pezzo fa parte di un progetto più ampio e l’ho scelto per primo perché, secondo me, dentro di sé ha un nucleo puro, trasparente e rappresentativo di ciò che voglio fare, il linguaggio e l’estetica del mio percorso artistico. Non è stato casuale. Al suo interno, ci sono tasselli che ritroveremo più avanti nel corso del tempo. Ha un’identità forte, ovviamente grazie anche ad Alex, che dà questo sapore cinematografico. Mi piaceva proprio come esordio.
Perché hai scelto proprio Germanò per questo lavoro?
M: Sono sempre stato un grande fan dei suoi lavori, a partire da “Per non riprendersi”. Il suo gusto cantautorale, il suo modo di scrivere, l’ho sempre sentito vicino a me, soprattutto perché entrambi abbiamo ascolti molto ampi. Questi i motivi per cui gli ho chiesto di prendere parte al progetto, sicuramente non facile, definiamolo ambizioso. Non avevo dubbi che sarebbe venuto fuori qualcosa di bello.
Domanda stavolta per Germanò: come è stato dal canto tuo, invece, contribuire a questo singolo?
Germanò: Allora, è stato molto interessante. Poi, è successo in un periodo in cui veniva spontaneo a tutti scriversi su Instagram, proprio chiedendo collaborazioni, con naturalezza e sincerità. Eravamo tutti in uno stato mentale per cui ci andava di fare cose che non avremmo fatto prima. Sarà stato l’isolamento, la distanza tra una città e l’altra. Io mi ero ritrasferito da poco a Roma, mentre prima vivevo a Milano. La sua richiesta è arrivata in un momento in cui non mi andava di fare musica da solo. Il pezzo l’abbiamo pensato in circa una settimana, lui è venuto a Roma da me e veramente solo in un giorno l’abbiamo chiuso.
M: Hai detto una cosa in cui mi rivedo molto, ovvero il sentimento che si cela dietro tutto il progetto: lo stare insieme. Fatalità: io sono spuntato fuori proprio nel periodo in cui fuori c’è una privazione di compagnia. Non potendo stare insieme, si ricerca continuamente un contatto. È bello che anche tu l’abbia rivisto in me.
Il brano è ricco di immagini dal gatto che guarda la luna, fino al pescatore, per poi arrivare all’«astronauta che compie l’impossibile». Cosa rappresenta questa figura?
G: Nel pezzo, c’è una coppia, che vive un amore tossico. L’astronauta rappresenta un po’ un’impossibilità: non riescono a capire perché il loro rapporto non sta funzionando. Un personaggio semplice sembra trasformarsi in un supereroe. I due non riescono a capirsi, si aspettano dall’altro, invece di dare qualcosa di sé. Ammetto che non ho pensato subito al messaggio che volevo lanciare. È stato un flusso di coscienza; evidentemente in me c’era l’esigenza di parlare di questa cosa. È interessante descrivere questa dinamica di relazione.
M: I giornalisti magari tirano fuori i pensieri dell’artista, prima ancora che lo faccia lui stesso.
G: Devo ammettere che a me capita sempre questa cosa: quando scrivo un pezzo e mi lascio trasportare dalle immagini, devo capire assolutamente di cosa parla la canzone. Altrimenti non lo finisco.
Oltre i giornalisti, spesso c’è anche l’ascoltatore che mette la sua, lo reinterpreta e integra riportandolo alle sue vicende personali.
Marquis e Germanò, vi sentite un po’ gli astronauti del pezzo?
G: Io mi sento il pescatore! [ride, ndr]
M: Non vorrei peccare di presunzione, rispondendoti che un po’ mi sento l’astronauta, ma in questo momento sì. Parafrasando la cosa, credo che quello che mi spinge a portare avanti il progetto è il coraggio di presentare un lavoro personale, sentito e mio. Mi sento fortunato con le persone che ho scelto e che hanno scelto me per questo percorso. Ieri, in realtà, non mi sentivo neanche il pescatore, domani sarò il gatto. Chissà. Oggi sono l’astronauta.
Sulla copertina del singolo è presente il braccio di un uomo con un “Assunta” tatuato. Dato che si tratta del mio nome, non posso fare a meno di chiedervi il motivo.
M: Pazzesco! Sto lavorando a strettissimo contatto con un fotografo bravissimo e mio amico, Giovanni Benvenuto. Quando ci siamo conosciuti, mi ha fatto vedere alcuni suoi scatti. Per me erano perfetti, vedevo la sua voglia di contemplare la realtà. Nelle sue foto, rivedevo la mia musica. Per la cover, abbiamo fatto uno shooting, che però non è stato scelto. Il giorno prima dell’upload, abbiamo riguardato il suo archivio e ne è uscita fuori questa foto scattata al mercato di Napoli, con il braccio potente di un lavoratore e con il tatuaggio del nome di una donna. Presumibilmente una figura molto cara. Credo molto nei segnali della vita e mi è sembrato destino.
«Cercando sempre il meglio per me e te». Dal lato artistico e musicale, cosa cercano Marquis e Germanò?
G: Questa è tosta! È una domanda abbastanza difficile. Ultimamente cerco la collaborazione. Ho sempre fatto musica da solo, isolato e ho sempre voluto il controllo su tutto. Negli ultimi tempi sto cambiando idea, in futuro ne avrò un’altra ancora. In questo momento, voglio collaborare e dedicarmi ad altre esperienze del genere.
M: Mi trovo molto d’accordo. Ti do anche un altro termine, che è contaminazione. Tra i progetti di questo momento c’è la registrazione con Marianne Mirage. Il fulcro di questa esperienza sarà chiamare ogni giorno amici, musicisti, artisti, per farci contaminare. Mi sono reso conto che lavorare con gli altri mi piace di più. Ovviamente ci deve essere un clima di fiducia e una visione comune. Lì diventa tutto più armonico. È questo quello che cerco ed è probabile che sarà anche ciò che ricercherò nel futuro.
Entrambi vi siete trovati a scrivere e produrre per altri. Come cambia il tipo di approccio?
M: A me piacciono entrambe le cose. Al progetto Marquis ho lavorato negli ultimi due anni a pieno regime. Allo stesso tempo, ho fatto parte della realizzazione dell’EP “Mirage” di Marianne Mirage. La mia visione cambia a seconda dell’artista. È chiaro che se non si tratta di qualcosa di mio, il mio ruolo è meno preponderante.
G: Sono due approcci completamente diversi. Forse la prima differenza consiste nel fatto che quando lavoro per me stesso, sento più il peso della responsabilità di essere coerente con quello che ho fatto prima e con quello che farò dopo. È molto più cervellotico l’approccio. Anche un po’ più pesante, bisogna fare un percorso su se stessi. Invece, quando si fa qualcosa per qualcun altro, è molto più leggero. Il muscolo della creatività lavora meglio. Ecco, proprio il muscolo della creatività agisce meglio quando stai contribuendo a qualche pezzo per qualcun altro e poi diventa utile per te. Bisogna capire che è importante fare entrambi. Molti artisti, compreso me, tendono più a isolarsi, per una questione di esigenze personali.
M: Certo, è necessario fare un lavoro su se stessi e capire bene cosa si vuole comunicare. Forse, la cosa più difficile.
G: Esatto, è un lavoro estenuante.
Il rischio è fare un disco oppure una canzone, che non sia più per se stessi, ma per qualcun altro.
M: Brava. Questo è un valore che credo debba essere ritrovato. Perdi il senso, non c’è più la musica al centro.
In questa primavera, uscirà l’album d’esordio di Marquis, che vedrà le presenze di Garage Gang, Marianne Mirage e molti altri. Ci anticipi qualcosa riguardo il disco?
M: Questa è una domanda sempre ostica per me. Quindi, ti dico che sarà un album molto divertente, in cui si ballerà molto. Il resto lo scoprirete presto.
Invece, come sarà il 2022 di Germanò? Quali novità ti vedranno protagonista?
G: Sarò onesto e sincero: non c’è nessunissima novità. In questo momento, per me, è importante studiare tantissimo. È una cosa fondamentale. Sto facendo tante piccole collaborazioni, ma per ora non mi espongo troppo. Vedremo.