– di Assunta Urbano.
foto di Giulia Trasacco –
Sono passati nove anni da quel mistico 2010, in cui la 42 Records pubblicava delle opere inedite per la collana 24. Sembra ieri, invece il tempo scorre ed anche troppo velocemente. Proprio per quella collana specifica vedeva la luce Nebulose, il primo EP de I Quartieri.
Il percorso di Fabio Grande, Marco Santoro e Paolo Testa prosegue nel corso di questo decennio singolare. Nel 2013 esce il loro primo disco, Zeno, che li inserisce nella scena romana indipendente, separata dall’indie-itpop degli ultimi anni.
I Quartieri camminano con le proprie gambe verso una strada ben lontana dal panorama mainstream. Ed è proprio per tal motivo che avvicinano sempre un numero maggiore di fan realmente appassionati.
Dal 4 ottobre ASAP è finalmente disponibile per l’ascolto nella sua completezza, dopo le anticipazioni con i due singoli Siri e Vivo Di Notte. Ne abbiamo parlato con Fabio Grande, per avere un’idea ancora più nitida a riguardo.
Il 4 ottobre è uscito ASAP, il secondo disco de I Quartieri. Sono trascorsi sei anni da Zeno, l’album che ha segnato l’esordio della band. Raccontami di questo ritorno e di cosa significa per te questo disco.
Questo ritorno significa tornare a fare una cosa che ci piace molto. Ci è mancato non poter fare musica per ragioni varie ed eventuali. Avevamo tanta voglia ed è molto bello tornare a suonare, avendo qualcosa in ballo.
Questo disco nasce da tutto ciò che mi ha spinto a scriverlo, ad arrangiarlo, a produrlo e registrarlo. Prima di tutto c’è volontà di fare musica e poi, ovviamente, anche qualcosa da dire.
Certo.
Tra le garanzie del vostro lavoro c’è la 42 Records, una delle etichette indipendenti che più sta contraddistinguendo questo periodo storico musicale. C’è un’influenza da parte dell’etichetta sul vostro modo di fare musica?
Assolutamente no. Non c’è mai stato alcun tipo di influenza o ingerenza. Ci sono stati dei consigli, ma che non hanno a che fare con la questione prettamente musicale o con i contenuti trattati. Quindi, è una vera etichetta indipendente. Noi siamo molto contenti di lavorare con loro. Se una cosa piace a loro, la fanno. Emiliano (Colasanti, ndr) sembra molto appassionato a questo disco e ci fa ancora più piacere.
Parlando di ASAP, sicuramente l’occhio vuole la sua parte, così come possiamo notare dalla copertina realizzata da Valerio Bulla. Da dove proviene l’idea di questa immagine?
Nello specifico, l’idea della medusa mi era venuta cercando un’immagine di un animale o qualcosa che riuscisse a rappresentare il mutismo, l’impossibilità di parlare e la memoria breve dei pesci. Dunque, la medusa, perché insieme alle altre meduse si sposta in base alle correnti. Se una di queste ti tocca, ti fa male. È un modo da parte nostra per raccontare ciò che pensiamo di certi aspetti dell’uomo contemporaneo, che segue molto le correnti e diventa pericoloso senza saperlo. Un uomo senza memoria. Un uomo che ripete gli stessi errori in continuazione e non parla, se non attraverso i social network. Questa cosa qui l’abbiamo passata a Valerio e lui l’ha realizzata graficamente molto bene, secondo me.

La copertina di ASAP
Questo racconto dell’uomo contemporaneo è centrale nel disco. Ci sono altri argomenti che ho trovato ricorrenti nei pezzi Vacanze Su Marte e Balla Balla Damerino. Sicuramente è evidente una attenzione sulla questione del tempo e dello spazio, uniti al “partire e andare lontano”. Che ruolo rivestono questi concetti nel tuo universo musicale?
Per il mio modo di fare musica semplicemente il poco tempo che uno ha a disposizione ha un impatto negativo. Per fare le cose come uno le vorrebbe fare ci vuole molto tempo. Le devi metabolizzare, le devi provare, le devi sbagliare ed in seguito correggere. È questo il tempo. Precisamente il tempo nella vita quotidiana e il tempo che ci viene sottratto per fare quello che vorremmo davvero fare. È un tempo che non ritorna nel futuro. Il disco parla di questo, di come un certo Capitalismo ci sta inghiottendo. Ci costringe ad investire sempre più il nostro tempo per la nostra crescita professionale e sociale. Però, non ci rendiamo conto che questi momenti ci vengono sottratti in cambio di nulla, di un’illusione di crescita.
Per quanto riguarda, invece, lo spazio, il tuo riferimento a Balla Balla Damerino è più che altro un po’ una presa in giro a chi non sa andare lontano con la testa, non fisicamente. La canzone se la prende un po’ con un certo tipo di cantante indie contemporaneo. Forse non si era capito, ma è questa cosa qui. Si tratta più di una questione di spazi mentali.
Continuiamo questo viaggio all’interno dell’album con Vivo Di Notte. È uno dei due singoli (insieme a Siri), tratti da ASAP , da cui è stato realizzato un videoclip. Un pezzo che profuma della città di Roma. Come è cambiata, secondo te, la Capitale in questi anni, soprattutto per quanto riguarda la vita notturna? È questa la Roma che sognavate quando avete iniziato?
Questa non è la Roma in cui sognavamo di vivere. Sicuramente no. Nonostante ci siano tante cose che solo Roma può darti e solo Roma ha, di sicuro è una città che ha molti limiti e sta indietro su tantissime questioni. Non parlo della scena musicale, parlo proprio della comunità, della vita sociale. È tutto troppo condizionato da una logistica inesistente, da una gestione della cosa pubblica non presente, dalla presenza delle mafie in qualsiasi cosa. Questo ci danneggia ogni giorno e non ce ne rendiamo neanche conto.
Per quanto riguarda ciò che succede a Roma, oltre la vita da cittadini, ci sono tante cose stimolanti. C’è chi fa musica. Chi la fa bella, chi la fa brutta. C’è tanta voglia di fare e questo si sente. È cambiata perché è giusto che cambino le cose, soprattutto dopo quest’ondata di musica indie, cosiddetta itpop. Adesso in tanti provano quella soluzione lì e cercano di sfondare. Qualcuno ci riesce, qualcuno no. Sicuramente noi non siamo in questo meccanismo. Abbiamo sempre fatto di testa nostra. Ci divertiamo di più così, anziché sperare di farci ascoltare perché somigliamo a qualcos’altro. È patetico. Non abbiamo un grandissimo rapporto con la “Roma Musicale”, ti devo dire la verità.
Tanto ormai penso che quest’ondata stia per finire. Vedo vita breve per quelli che stanno uscendo ora con la pretesa di essere qualcun altro.
Eh, speriamo! (ride, ndr)
ASAP termina con il brano 6 e 45. L’ho visto quasi come la conclusione di una storia di una notte raccontata tutta d’un fiato. Le 6 sono un orario un po’ particolare, presente, tra l’altro, anche in altre canzoni. Tanto per fare un esempio, ci sono Le Sei E Ventisei di Cesare Cremonini. Come nasce, invece, la vostra 6 e 45?
Le 6:45 sono un orario simbolico. Non c’è un motivo concreto e reale, se non il fatto che per un certo periodo mi svegliavo ogni giorno alle 6:45, senza un senso particolare. La canzone parla del fatto che la notte è diventata in una situazione di incomunicabilità l’unico luogo in cui si può incontrare chi non c’è più attraverso il sogno. Quando non c’è più la voce fisica di una persona, l’unica cosa che si desidera è sognarla per poterci parlare di nuovo. Per questo “ma tu tornerai solo se dormirò”. Questo dialogo termina alle 6:45 quando suona la sveglia.
È la speranza di rincontrare questa persona durante il sonno. La sveglia funge da “arrivederci” alla notte successiva. È un rapporto un po’ ribaltato.
Il videoclip di Siri mostra un giorno qualsiasi di una ragazza qualunque. Emerge più volte il nome della vostra band tra le immagini. Tra le note del cellulare, infatti, la ragazza in questione ha salvate le date del tour che ha avuto la data zero al Monk, il 18 ottobre. Come sono andate le precedenti e quali saranno le prossime tappe?
A novembre facciamo il 15 al Dejavu Drinkandfood di Teramo ed il 16 al The Cage di Livorno. Poi ci fermiamo e riprendiamo a gennaio, per proseguire in inverno.
Fino ad ora le date sono andate benissimo. Abbiamo fatto Roma, Torino e Milano. Siamo molto contenti sia dell’attitudine con cui stiamo affrontando questi concerti, sia della risposta del pubblico e delle persone che hanno ascoltato il disco. Sta andando veramente bene. Vogliamo fare più concerti possibile.