– di Michela Moramarco –
“Amore e Gloria” è il nuovo album del cantautore salentino Cortese, di cui vi abbiamo parlato qui. Di seguito, l’artista racconta il suo punto di vista sul momento creativo dei brani e sulla tendenza che stanno prendendo i talent show, alla luce della sua esperienza vincitrice a X Factor 2008 con gli Aram Quartet.
Il tuo nuovo album è un album che parla d’amore. Mi parleresti del titolo “Amore e gloria”?
Sì, l’album parla delle due cose che inseguiamo nel corso della vita, amando e sognando. Anche i sogni artistici, nell’ambito musicale, che coltivo personalmente, sono spesso volti verso la gloria, magari per un’urgenza emotiva reale. Quindi questo è il significato del mio album.
I tuo è un album molto sincero, quindi quanto è difficile trasporre la propria vita nelle canzoni, senza filtri?
Non è difficile nel momento in cui scrivo, perché è una cosa spontanea raccontare pezzi della propria vita; ma diventa difficile al momento della condivisione. Mi rendo conto che quell’intimità che mi appartiene nel momento compositivo poi venga fortunatamente violata attraverso la condivisione dell’album. È bello trovare qualcuno che si riveda nelle mie canzoni perché mi accorgo che spesso le esperienze di vita sono simili.
Sono stata colpita dal brano “Il ballo in maschera”, riflettendo sul fatto che molto spesso le relazioni umane siano dei giochi di ruolo, come se ci fossero delle maschere. Che ne pensi?
Questa idea è interessante e mi appartiene, anche se non è quella alla base dell’ispirazione per questo brano. Le maschere a cui fai riferimento sono viste con un’accezione pirandelliana ed è interessante quanto l’interpretazione di chi ascolta possa discostarsi dall’ispirazione originaria. Questo brano, che è uno dei miei preferiti di questo album, è stato scritto a marzo 2020. L’ispirazione è sorta quando ero in giro col cane a Nardò, città Salentina in cui vivo e che in primavera profuma già d’estate; essendo all’inizio del primo lockdown, il fatto che non ci fosse nessuno in giro mi è parso surreale. Quell’aria così rarefatta mi ha riportato indietro alla mia adolescenza, a periodi di spensieratezza, in un periodo in cui invece i pensieri e le pare erano sempre più pesanti. E quindi il titolo “Il ballo in maschera” cela anche un macabro gioco di parole.
Alla luce della tua esperienza di musicista, che ne pensi della direzione che stanno prendendo i talent show negli ultimi anni, che secondo me somiglia più a una deriva?
Sono d’accordo con te, è la deriva. La mia esperienza in un talent show la considero un passaggio, un’esperienza tanto intensa quanto breve. Ma già a quell’epoca mi son fatto l’idea che la musica esposta nella forma di talent show non sia davvero posta come protagonista. Ci sono tante dinamiche che contribuiscono alla deriva di cui parlavamo, legate allo show business. È la comunicazione che cambia, diventa sempre più veloce e si fa fatica a mantenere l’attenzione su un progetto artistico. Se va bene, c’è il fenomeno Sangiovanni, o all’epoca Marco Mengoni, altrimenti va come per gli Aram Quartet. Sono abbastanza lucido sulle storie legate a quella mia esperienza. Fortunatamente ho avuto modo di partecipare come coach alla prima edizione di The Voice Cile. Lì le dinamiche sono completamente diverse, lo devo riconoscere. Non a caso la ragazza che ha vinto ha fatto un grande successo nei paesi dell’America Latina. Ma la questione è molto ampia.
Cosa ti aspetti dall’album “Amore e gloria”?
Tutto e niente (ride, ndr). Ho trentasei anni, faccio le canzoni per una necessità veramente urgente. Questo non significa che non abbia delle ambizioni, ma alla base c’è un’urgenza emotiva di raccontare e di raccontarmi. È bello che si possa leggere della sincerità in questo album. Mi aspetto che il pubblico possa ascoltare con cura e affezionarsi a questo lavoro discografico.