Carl Brave ha pubblicato il 9 giugno il suo nuovo album “Migrazione“, una fuga con ritorno a Roma, per rimanerci. Un album lontano dall’hype dei tormentoni estivi, dal sound più asciutto e sincero.
Abbiamo parlato con lui di Roma e del resto del mondo.
– di Riccardo De Stefano e Michela Moramarco –
Siamo qui a Studio 33, a Trastevere, con Carl Brave. Innanzitutto, grazie per non aver scelto Milano per questo evento, in contrasto con quella egemonia culturale. Ma ti porteranno mai via da questa città? Il titolo del tuo nuovo album suggerisce questo.
No, sono andato e sono tornato. Ho girato un po’ il mondo. Sono andato a Tokyo a Lisbona a Marrakech e mi sono affittato delle case. Ho acchittato uno studio di registrazione e lavorato con vari artisti di lì, studiando vari strumenti, tra cui basso marocchino. A Marrakesh ho lavorato con un pianista colombiano, unendo varie culture. A Tokyo ho lavorato con un’insegnante di shamisen. Insomma, ho unito le forze di tante parti del mondo per tornare a Roma e creare un po’.
Come ti è venuta questa idea? Ti sei sentito costretto ad andare via o c’è stata l’esigenza di scoprire cosa c’è fuori dal Raccordo?
Volevo un po’ cercare nuovi sound appunto, nuovi colori, soprattutto alle strumentali. Diciamo che ho capito che per cercare l’ispirazione bisogna viaggiare. Ad ogni viaggio c’è una nuova ispirazione. È diventato un po’ un modus operandi. Respirare aria nuova non fa male.
Sei tornato a Roma. Hai avuto l’esigenza di raccontare le tue origini?
È stata la normalità più che un’esigenza. Le cose che conosco sono le strade romane, la vita romana, quindi per me la narrativa è quella romana.
Il tuo nuovo album è composto da 19 brani. Quali sono state le difficoltà nel processo creativo?
Direi di difficoltà non ce ne sono state troppe, procedo d’istinto. Parlo di cose caserecce, mi ispiro al quotidiano. Semmai c’è stata difficoltà nei temi che affronto, parlo della morte in due tracce, anche se in maniera diversa, per esempio “Applausi” è un dualismo tra il successo e la morte.
Questo disco parla un po’ anche dell’hype: sei esploso in una maniera dirompente sulla scena ormai cinque anni fa. Poi abbiamo avuto i due anni di covid che sono stati così diciamo un po’ di sospensione. Questo disco invece è molto meno pop. Come mai?
Come hai detto, vengo da un periodo in cui oltre lo scorso album ho pubblicato perlopiù hit estive, cose che io sono molto contento di fare, mi divertono, ma si tende a pensare che sia facile. In realtà fare un pezzo che piaccia a tutti quanti non è proprio facile. Quindi dopo le hit ho fatto questa scelta di dare un po’ più di spessore ai pezzi, anche se forse non è un ottimo momento per l’intimità e l’introspezione visto che d’estate si esplode con i singoli.
Quindi abbiamo parlato di introspezione hai pensato a che pubblico ti rivolgi con questa proposta artistica così eterogenea? Qual è il prototipo di ascoltatore di Carl Brave?
In realtà non penso troppo a questa cosa: cerco di fare la roba che mi esce in quel momento e con cui sono ispirato, questo se non è la hit estiva appunto. Allora c’è un pubblico a cui vuoi fare arrivare la cosa che un po’ il pubblico popolare, tutta la radio. Devi seguire degli schemi, delle strutture per andare in radio, dei minutaggi, per esempio devi sapere che a un certo tot deve partire il ritornello che deve essere semplice per arrivare a tutti.
E quindi direi che questo è un viaggio che torna a Roma, città eterna, forse eternamente uguale o come diceva Verdone in Sorrentino eterna dietro un panorama. Come si muove Carlo in questo panorama?
Be’, ci sguazzo, è un panorama stupendo, magico ma pieno anche di monnezza, di marcio e io mi ci muovo bene, prendendo ispirazione anche da ciò che non va troppo bene. L’ispirazione non la trovi nella perfezione, anzi. Sarebbe come un film in cui non succede niente, non ti piace.
Allora nel ringraziarti per il tempo e complimentandoci per questo album, ti diciamo che è un bene che vada lontano dall’hype, insomma lasciamolo ai giovani. Ultima domanda: sei tornato a Roma ma adesso dove andrai?
Adesso andrò in tour in giro per l’Italia poi vorrei ripartire ricercando altri sound probabilmente in Perù. Grazie a voi e un saluto ai lettori di ExitWell.