Orietta Berti, “Quando ti sei innamorato”
In un Sanremo che forse era meglio non fare – visti i risultati, non le polemiche sterili e inutili sull’evento in sé – Orietta Berti diventa quella “strana”, la quota boomer del programma che comunque non vuole perdere il pubblico degli ottuagenari. E in un panorama musicale di zombie, Orietta incanta con una classe incredibile e una voce ancora carismatica. Bel Canto all’italiana? Certamente, e non c’è nulla di cui vergognarsi. E poi ci hanno messo una parte di batteria elettronica, quindi è trap! Scherzi a parte, il brano è pura tradizione (l’ha scritto quello di “Grande amore”, quindi nessuna sorpresa), però perfettamente godibile nelle piccole dosi sanremesi (e in mezzo a tutta quell’altra roba). | ▲
Bugo, “E invece sì”
Bugo ormai è un meme vivente, esistente solo come proiezione evanescente della domanda “che succede? Dov’è Bugo?”. Quindi sarebbe facile sorvolare sul brano. Invece “E invece sì” è un bel pezzo, che ruba sapientemente da chi le canzoni le sapeva scrivere (cioè Battisti) riprendendone gli arrangiamenti di fiati e un certo andamento, virando poi sul Vasco Rossi e l’arena rock nel ritornello. Uno dei testi più freschi del festival vede l’esibizione sgolata e sopra le righe di Bugo, che rimane comunque un pesce fuor d’acqua, quindi meraviglioso. | ▲
Gaia, “Cuore amaro”
Gaia rimane con l’anima extracomunitaria, passando dalle sofisticazioni brasiliane agli andamenti del vicino oriente. Se lo spettro di Elettra Lamborghini e il suo twerk volteggia sul palco dell’Ariston, Gaia ha più carattere della bella ereditiera, così il brano è più forte ma anche meno divertente. “Cuore amaro” vuole essere serio e seduttivo, ci riesce a metà ma la colpa è della canzone, che non vuole osare più di quanto gli sia facile fare. Bene, ma non benissimo. | ☻